Ieri sera pensavo a dove andare. Devo mollar la moda pur non sapendo dove andare. La grande paura mi ha di nuovo in mezzo, tutte le volte che mi vede aizza il suo bel dire: 'Ancora qui? Ma non sai che io servo per indirizzare, perchè vieni ancora qui con aria di festa?'
L'odore della natura va in fiori, piante, petali sparsi sul selciato e tutto mi ricolma di pienezze. Lo avverto stando alla finestra, rendendomi spaventosamente conto di ciò che manca all'uomo moderno. Il legame con qualcosa di più vasto. Il legame con Natura.
Ricordi i filosofi e i pensatori del periodo romantico? Be', pensando a Shelling in particolare - ma ancor più a Kant onestamente - ora penso a una nuova forma d'arte, un nuovo ramo dell'espressione umana che sovrasti tutte le arti, che s'immerga maggiormente in quella vastità che ad alcuni appartiene ancora. Più che altro è evoluzione della musica passando per il teatro. Arriva alla Poesia, ne rasenta i lombi e si ricompone in qualcosa di simile a un età lontana.
Una legge morale m'impone di rimettermi in cammino.
Io mollo quindi. Io lascio. Mi sento chiamato verso qualcosa di più grande. La moda tende a dare un senso all'effimero. Un senso quanto più stabile, immediato. Ma per questo non può essere chiamata arte. Mentre tutte le altre arti possono dare un senso all'effimero, la moda non può. Deve. Ha solo quello da dare. La moda non può scegliere, insomma. Deve essere. Il che è sempre di cose che hanno limiti. - Ed io, per un lungo istante, mi sono compresso in essi.
Ed eccomi a scegliere di andare via. Dove non so. Ovunque ci sia da imparare qualcosa di nuovo, di meraviglioso. Io vivo nel ventre della balena, tra relitti d'umanità che guardano a splendori digestivi come eventi degni di viva attenzione. Mi guardo intorno, ho visto abbastanza. Ho visto fin troppo la balena della moda dall'interno.
Le sue interiora, come le mie, mi disgustano.
Io so i ventri di balene,
il vagare per mari mai visti
nella possenza di Ego;
so il malanno di chi si accontenta.
Ma io... io so anche l'Estate,
pulsante, lontana una giovinezza
che ancora rinfresca con le sue gocce
il ventre immondo dei popoli.
Non che abbia da ridirne. Così è il secolo che corre. Io, semplicemente, non lo capisco. Ma so così tante cose di me, che credo di potermi permettere una piccola divagazione critica su tutto ciò che mi circonda, che mi sfiora il viso. E' un secolo d'alti steccati questo. O forse siamo tutti un poco più bassi. E' un retro marcia al medio-evo e io rimpiango almeno l'onestà diretta delle sue spade.
Ma, come scriveva un ragazzino, il silenzio è la più sincera forma di rispetto d'un buon demone in visita al paradiso di qualcun altro, e non aggiungerò altro fiato in disuso alla causa dell'uomo. Diventerei solo brutale con le vittime, come una bestia, montando su tragedie che farebbero più scalpore nei teatri di qualche rigido economista. L'uomo deve tacere di fronte alla saggezza dell'innocenza, e così torno alla Natura.
Torniamo all'Arte, mi dicevo. Via di qui, dove un peso sulla fronte attanaglia la leggerezza dei miei piedi. Via di qui, o mai! Tornare alla Poesia, dove ci sta ben più di quel che vedi, non ben meno di quel che indossi. Tornare alla Poesia. L'inchiostro che traccia il segno sulla pagina è solo un debole contenitore. Se la poesia non dice nulla di più di quel che dice la somma delle singole parole allora è pessima poesia, un gioco soltanto. E' pieno il mondo di pessimi poeti. Io mi sento ancora tra questi.
Ma so che ci stanno quelli buoni, quelli che san picchiare giù duro senza paura di macchiarsi l'anima, di far vedere grinze. Gente di fibra forte.
Me ne vado sperando di tornare tra questi esclusi...
(...) (in pubblicazione, dopo tre anni di abbandono...)
((ma un appunto! Qualcuno ultimamente mi ha fatto notare una cosuccia molto fastidiosa... Lettera del vagabondo par correlata, in alcuni passaggi, alle mie accuse aggiunte in post seguenti. Naturalmente la cosa mi ha alquanto schifato... Il mio scrivere riguarda sempre cose vissute dai sedici ai venticinque anni.
Di politica non mi interesso ne mi sarei mai interessato, se non fosse per delle opinioni su una faccia - solo una faccia vista in tv! - esaurite e annacquate nel concetto da una vicenda che ha riguardato lo scandalo puttane del 2009. Non vedo l'ora di lasciarmi alle spalle argomenti del genere. Riguardano uomini che ci pensan davvero al popolo. Non io, io al massimo penso a me stesso e a tutti i giovani che han visto gran dolori crescendo...
Nemmeno la droga mi interessa. Per un annetto o poco più cascai in una dipendenza, e il sentore che qualcuno si facesse i cazzi miei, che mettesse naso nel mio scriver a qualche donna, venne da lì... ecco, era nato un racconto sulle intercettazioni nel 2008.
All'inizio davo la colpa a qualche coglione di pusher che mi aveva attaccato addosso qualche spione... qualche negro per strada a cui prestai il telefono, qualche ragazzo incapace di gestir bene il proprio mestiere (è mestiere? Be', per me che ho sempre visto l'arte come una droga il concetto di mestiere si può sovrapporre...).
Certamente, passai un anno pieno di dubbi, a rifletter su cose strane capitate, a provocar chiunque e a guadagnar ancor strane coincidenze, a provar paura - nulla a che veder con la Paura del 'Vagabondo' - e poi a studiar il modo per capir chi diavolo potesse aver messo naso nei cazzi miei per telefono... fino alla fine del 2008, - o inizio duemilanove - quando un amico mi confermò quel che riuscivo solo a immaginare di fantasia e a non ritener veramente probabile: i pareri su presidenti posson accender video sui terminali di qualcuno...
Be, cazzo... Un consiglio? Non esprimete idee sulla società per telefono. C'è gente molto insicura in giro...
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